AFFRESCO
URBANO
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“Di tutti gli altri modi... il più maestrevole e bello”.
Così nel XVI secolo Giorgio Vasari (1511 - 1574), pittore, architetto e storiografo aretino, di cui quest’anno ricorre il quinto centenario della nascita, descriveva la pittura ad affresco, tecnica di pittura murale che sfrutta la reazione della calce con l’aria per fissare il colore all’intonaco e renderlo indelebile. Praticata fin dall’antichità vede nel medio evo con Giotto, Lorenzetti, Benozzo Gozzoli, Simone Martini la sua diffusione viene sancita dalle puntuali descrizioni della tecnica che ne fa Cenino Cennini nel rinascimento e poi nell’epoca barocca viene portato alla massima espressione da artisti come Masaccio, Mantegna, Signorelli, Michelangelo, Pietro da Cortona, Carracci, Tiepolo. Intimamente legata al contesto architettonico ne sfrutta le visuali e le prospettive e si inserisce in essa esaltandone luci e ripartizioni. È una pittura che si presta al racconto, si sviluppa su registri, è un libro murale che spiega, illustra, meraviglia. Spesso la pittura si fonde con il contesto che la ospita, vi è costretta e ne esce in un dinamismo che solo questa tecnica consente utilizzando i materiali stessi dell’architettura: l’intonaco a calce ed i pigmenti minerali. Ma la forza comunicativa della pittura murale risiede nella sua contestualizzazione ma anche nella potenza evocativa quale un’opera, intima al suo supporto, che in un rapporto di ingenua sincerità riesce a trasmettere a chi la fruisce.
La leggenda della Vera Croce
Nel 1920 Josè Clemente Orozco, muralista del social-realismo messicano, dichiara che “L’espressione più alta della pittura, la più logica, la più pura e la più forte è quella murale... è per il popolo e non può essere occultata a beneficio di pochi privilegiati”. Concetto ribadito anche dal compianto “graffitaro” Keith Haring che nel 1987 ammise “Mi è sempre più chiaro che l’arte non è... riservata all’apprezzamento di pochi: l’arte è per tutti” È per tutti e potremmo aggiungere è per sempre, o perlomeno, per lungo tempo se i materiali sono stati scelti con oculatezza e le metodiche rispettate tanto che già Vitruvio, nel primo secolo avanti Cristo, decretava che “... le pareti irradieranno la più smagliante lucentezza... e un’eccellente qualità destinata a durare nel tempo. Il tema della leggenda della Vera Croce, tratta dalla Leggenda aurea di Jacopo da Varagine (1228 - 1298), è stata affrontata da molti pittori dal tardo medio evo al rinascimento. Universalmente quella di Piero della Francesca (1416 - 1492) è riconosciuta come uno dei più significativi racconti della leggenda che vuole ricostruire la storia della croce del supplizio di Gesù: dal legno dell’albero della vita che spunta dalla sepoltura di Adamo al suo utilizzo durante la costruzione del tempio di Gerusalemme ed il successivo riconoscimento da parte della regina di Saba, fino al ritrovamento da parte di Elena, madre di Costantino, ed il definitivo recupero in seguito alla sconfitta dei persiani che l’avevano trafugata in atto di spregio. La battaglia di Eraclio contro Cosroe II è l’episodio, avvenuto nel 628 dopo Cristo, che vede l’imperatore di Bisanzio Eraclio vittorioso sul re dei persiani sasanidi. Iconograficamente la battaglia è un groviglio di uomini e cavalli tra spade sguainate e vessilli sventolanti. Una moltitudine inestricabile che appare fissata nell’attimo della ripresa che rende la drammaticità dell’evento una didascalica rappresentazione. Così il Vasari nelle Vite: “... espresse egli efficacemente in una battaglia grandissima la paura, l’animosità, la destrezza, la forza, gli affetti e gli accidenti eccellentemente considerati in coloro che combattono.
SCENOGRAFIA URBANA E SOSTENIBILITÀ
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